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ORCHESTRA ANTONIO VIVALDI – COLOMBO – KEMPF

Dettagli

Data:
30 Ottobre 2023
Ora:
8:45 pm – 10:30 pm
Prezzo:
€25 – €30
Categoria Evento:
Tag Evento:
,

Organizzatore

Serate Musicali
Phone
02 29409724
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biglietteria@seratemusicali.it
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Sala Verdi – Conservatorio di Milano

Via Conservatorio, 12
Milano, 20122 Italia
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«I GRANDI INTERPRETI»

ORCHESTRA ANTONIO VIVALDI

Direttore ERNESTO COLOMBO

Pianista FREDDY KEMPF

PROGRAMMA

LUDWIG van BEETHOVEN (1770 -1827)
Concerto n.1 per pianoforte e orchestra in do maggiore op.15
Allegro con brio
Largo (la bemolle maggiore)
Rondò. Allegro scherzando

IGOR STRAVINSKY (1882 -1971)
Danses concertantes K063
Marche, Introduction
Pas d’action – Con moto
Thème varié – Lento
Variazione I – Allegretto
Variazione II – Scherzando
Variazione III – Andantino
Variazione IV – Tempo giusto

Pas de deux – Risoluto. Andante sostenuto
Marche, Conclusion

LUDWIG van BEETHOVEN
Concerto n.3 per pianoforte e orchestra in do minore op.37
Allegro con brio
Largo (mi maggiore)
Rondò. Allegro

Scarica il libretto di sala

ORCHESTRA ANTONIO VIVALDI

L’Orchestra Antonio Vivaldi, ideata da Piergiorgio Ratti e Lorenzo Passerini nel dicembre 2011, in poco tempo diviene una realtà stabile nel panorama musicale italiano, vantando collaborazioni con le maggiori stagioni concertistiche, festival e istituzioni del Paese. I suoi componenti, accomunati tutti dal desiderio di dare vita ad una realtà artistica giovane e nuova, sono selezionati tra i più promettenti giovani musicisti del panorama europeo con all’attivo esperienze nelle più importanti orchestre del mondo.

L’Orchestra ha all’attivo più di duecento concerti sinfonici, tenutisi nelle maggiori sale concertistiche e teatri d’Italia. La tournée intrapresa in Spagna nel 2014, registrando sempre il tutto esaurito, sancisce il debutto dell’Orchestra sulla scena europea. Le esperienze internazionali proseguono in Svizzera e Lussemburgo. Nel dicembre 2019 si esibisce in Cina in una tournée di sei concerti. Nel 2015, a soli 4 anni dalla propria fondazione, l’Orchestra diviene l’orchestra residente di “Serate Musicali” – Milano, guadagnandosi così un ruolo di primo piano all’interno di un cartellone condiviso dai più grandi artisti del panorama mondiale. Sempre nel 2015 l’Orchestra ha inoltre inaugurato il neonato Teatro Sociale di Sondrio con l’esecuzione della Sinfonia n.9 di Beethoven, riscuotendo un grandissimo successo di pubblico e critica. A partire dalla stagione 2016/2017 l’Orchestra diviene inoltre “residente” presso lo stesso teatro.

Il suo repertorio abbraccia anche la musica contemporanea, attraverso continue collaborazioni con alcuni tra i più importanti compositori della scena nazionale quali Colasanti, Vacchi, Battistelli, Ratti, Portera. L’Orchestra vanta inoltre collaborazioni con direttori d’orchestra e solisti di fama mondiale. La giovane direzione artistica è composta da Lorenzo Passerini ed Ernesto Colombo. L’attività dell’Orchestra Vivaldi è sostenuta dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e da Regione Lombardia.

ERNESTO COLOMBO

Nato a Lecco nel 1986, inizia gli studi musicali a sei anni con A. Ballabio e con L. Fioroni. Parallelamente allo studio degli strumenti a percussione si appassiona alla direzione d’orchestra, seguendo nel 2008 un corso all’Accademia Internazionale della Musica di Erba, con A. Sormani. Attualmente studia con E. Nicotra. Dal 1997 collabora con l’Orchestra Giovanile di Lecco e dal 2004 con l’Orchestra Sinfonica di Lecco, con la quale esegue sia il repertorio lirico che quello sinfonico.

Nel 2008, insieme ad altri musicisti, fonda l’Orchestra di Fiati della Brianza, con la quale ha partecipato a importanti concorsi internazionali, ottenendo eccellenti risultati. Dal 2009 al 2018 dirige la Banda Giovanile “Bruno Bigoni” del Corpo Musicale di Costa Masnaga, dove insegna percussioni. Dal 2011 collabora stabilmente come percussionista e timpanista con l’Orchestra Vivaldi, dove ricopre anche il ruolo di direttore di produzione.

Dal 2016 affianca Lorenzo Passerini in produzioni liriche e sinfoniche. Nel 2020 debutta nella direzione de “L’Elisir d’amore” di Donizetti; nel 2021 dirige un concerto sinfonico dal titolo “W Verdi!” e una ripresa di “Elisir d’Amore”, nel 2022 il Concerto di Capodanno, la “Cenerentola” di Rossini e il concerto di “San Lorenzo”; nel 2023 ha diretto l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, l’Orchestra da camera di Matera, la National Chamber Orchestra of Armenia etc…  A ottobre 2023 ha diretto la Messa da Requiem di Verdi.

Futuri appuntamenti lo vedranno impegnato nella direzione di “La Traviata”, “Il barbiere di Siviglia”, “Cenerentola” e altre produzioni sinfoniche sia alla guida dell’Orchestra Antonio Vivaldi che di altre realtà del panorama italiano.

FREDDY KEMPF 

Nato a Londra nel 1977, ha debuttato a otto anni con la Royal Philharmonic Orchestra, con cui ha tuttora uno stretto legame e con cui ha suonato e diretto il ciclo completo dei Concerti per pianoforte di Beethoven nei più importanti teatri del Regno Unito.

Kempf ha acquisito fama nazionale nel 1992, vincendo il Concorso della BBC come Giovane Musicista dell’Anno. É stato però il suo Terzo Premio al Concorso Ciaikovski di Mosca nel 1998 a lanciarlo rapidamente anche a livello internazionale. Il fatto che non gli fosse stato assegnato il Primo Premio infatti suscitò le proteste del pubblico ed ebbe ampio spazio sulla stampa russa, che lo proclamò “Eroe del Concorso”.  Da allora la sua carriera è andata crescendo fino ai suoi recenti successi con la Royal Philharmonic Orchestra come solista e direttore, con la Filarmonica di San Pietroburgo e l’Orchestra Sinfonica della Corea. La scorsa stagione ha più volte suonato e diretto anche in una tournée con la Kyusyu Symphony Orchestra in Giappone e in un’altra con l’Orchestra Sinfonia della Nuova Zelanda. É poi tornato a suonare con la City of Birmingham Symphony Orchestra, con la Royal Philharmonic, con la Filarmonica di Dresda e con la Royal Northern Sinfonia.

Ha collaborato con Sir Andrew Davis, Kurt Sanderling, Daniele Gatti, Matthias Bämert, Charles Dutoit, Vassili Petrenko, Riccardo Chailly, Yuri Temirkanov, Gunther Herbig, Ivor Bolton, Wolfgang Sawallisch, Vladimir Ashkenazy, Jiri Belohlavek, Neeme Jaarvi, Daniel Krivine, Thomas Dausgaard e Mikhail Jurowski.

È apparso in recital nelle più importanti Sale del mondo.

Incide in esclusiva per la BIS Records. La sua incisione più recente è dedicata a Schumann. Nel 2010 ha partecipato alla registrazione del nuovo lavoro di Tolga Kashif “Genesis Symphony” con la London Symphony Orchestra e ha inciso i Concerti per pianoforte n.2 e n.3 di Prokofiev con la Bergen Philharmonic Orchestra e Andrew Litton. Questo CD è stato tra i finalisti del “Gramophone Concerto Award”. Questa collaborazione è proseguita con una registrazione di opere per pianoforte e orchestra di Gershwin nel 2012. La sua incisione per pianoforte solo del 2011dedicata a Rachmaninov, Bach/ Busoni, Ravel e Stravinsky ha ricevuto entusiastici riconoscimenti dalla critica.

Scoperto per l’Italia da Serate Musicali, ne è ospite in ogni stagione dal 1998.


LUDWIG van BEETHOVEN

Concerto n.1 per pianoforte e orchestra in do maggiore op.15

Nonostante occupi il primo posto nella numerazione dei Concerti per pianoforte beethoveniani, il Concerto in do maggiore – ultimato nel 1798 – è in realtà la terza opera consimile composta da Beethoven. Dopo un giovanile Concerto in mi bemolle del 1784, nel catalogo beethoveniano va infatti collocato il Concerto in si bemolle, scritto nel 1794 ma pubblicato, come op.19, nel 1801 dopo il nostro Concerto in do maggiore e noto quindi come Concerto n.2. D’altra parte, se Beethoven prediligeva l’op.15 rispetto all’op.19 pure egli dichiarava all’editore Hoffmeister (lettera del 15 dicembre 1800) la decisione di non destinare immediatamente alla pubblicazione ma di tenere per il proprio personale uso concertistico i “migliori” fra i suoi Concerti pianistici – vale a dire in sostanza il Concerto in do minore poi pubblicato nel 1804 come n.3 op.37. Come il fratello op.19, infatti, il Concerto op.15 si riallaccia a una estetica di intrattenimento di matrice pienamente settecentesca.

Proprio nella perfetta aderenza ai canoni disimpegnati del gusto viennese vanno ricercate la felicità inventiva e la godibilità d’ascolto del Concerto in do maggiore, che mostra peraltro, rispetto a quello in si bemolle, una maggiore generosità creativa e una maggiore sicurezza nell’affermare l’esuberante personalità dell’autore. Già nell’Allegro con brio iniziale, alla scelta di un materiale tematico di sapore galante e un poco manieristico (con la consueta contrapposizione fra un primo tema ritmicamente pronunciato e un secondo dal carattere più melodico), al rispetto delle regole canoniche nell’alternanza strutturale fra solista e orchestra, si contrappongono le imprevedibili modulazioni (come quelle della presentazione orchestrale del secondo tema), la varietà e l’incisività della strumentazione (che include anche clarinetti, trombe, timpani) e soprattutto il ruolo protagonistico della scrittura pianistica, incline a sforzare la sonorità verso la inedita brillantezza delle scale cromatiche, delle potenti ottave, dei ruvidi abbellimenti.

Per questo movimento Beethoven ci ha lasciato due Cadenze complete (posteriori però di diversi anni: 1807-1809) non dissimili nel contenuto ma assai diverse per dimensioni: agile e snella l’una, smisurata l’altra e forse ingombrante in relazione alle dimensioni del Concerto. Più convenzionale è il movimento centrale (Largo, dove tacciono significativamente trombe e timpani, ma anche flauti e oboi), improntato a una levigata “affettuosità” che trova i momenti più felici nei dialoghi del pianoforte con il clarinetto solista. É nel Rondò finale che ritroviamo tutta l’estrosa fantasia giovanile del compositore. All’aggressività irregolare e scherzosa del refrain, rispondono episodi di umorismo popolareggiante (con i gioviali salti della sinistra fra i differenti registri della tastiera) e di sapore selvaggiamente zingaresco; una vitalità trascinante che sfocia nei giochi e intrecci strumentali della Coda e in una conclusione a effetto.

IGOR STRAVINSKY

Danses concertantes K063

Marche. Introduction / Pas d’action / Thème varie / Pas de deux / Marche. Conclusion, sono i cinque movimenti di questa Suite per balletto (1941-1942), che Stravinsky concepì “astratta”, ma che Balanchine non si astenne dal trasformare, due anni dopo la prima esecuzione, in coreografia. In apertura, il richiamo all’inizio del Concerto in mi bemolle maggiore “Dumbarton Oaks”, scritto da Stravinsky nel 1938, su commissione. Davvero, soltanto lui poteva rimproverare a Vivaldi di aver composto «seicento volte lo stesso concerto». Un’attitudine che all’autore doveva suonare familiare, come ammette nelle note anteposte alle Danses: «le sorgenti riattivate dalle mie opere passate hanno continuamente nutrito il presente: ed è questa una delle ragioni per cui la mia attività dovrebbe essere considerata nella sua interezza».

Gioco, capriccio, enigmatica leggerezza sono alcune delle definizioni più comuni applicate a questo “Concerto per piccola orchestra”, come l’autore aveva specificato nel manoscritto originale. Le due Marce segnano l’inizio e la fine dell’opera; il secondo movimento è in forma di Rondò, nel terzo un tema si articola in quattro Variazioni (Allegretto, Scherzando, Andantino, Tempo giusto), il quarto si presenta col carattere di una Cadenza solistica e prepara il ritorno della Marcia iniziale. Gli anti-stravinskiani, di fronte a un’opera così densa di auto-citazioni, affilano le armi, denunciando il «carattere profondamente parassitario di questa musica» (Hans Ferdinand Redlich) e rimpiangendo, come già Malipiero, quella data-simbolo dell’ottobre del 1913, anno della prima esecuzione de “La Sagra della Primavera”.

Ma questo Stravinsky americano, così devoto alla formula della parodia e dell’assimilazione vorace dei linguaggi musicali più diversi, non riesce a rinnegare se stesso e, nello schiaffo ritmico che apre le “Dances” si svela subito discendente diretto del “barbarico primitivo” che aveva sconvolto il pubblico del Théàtre des Champs Elysées.

LUDWIG van BEETHOVEN

Concerto n.3 per pianoforte e orchestra in do minore op.37

Il Concerto in do minore op.37, iniziato intorno al 1800, fu completato intorno al 1802 ed eseguito con Beethoven al pianoforte il 5 aprile 1803 a Vienna (direttore J. von Seyfried); l’anno dopo veniva pubblicato, incontrando un successo che ne ha fatto per tutto l’Ottocento il Concerto pianistico beethoveniano più eseguito. Con quest’opera Beethoven afferma per la prima volta in modo evidente la propria concezione sinfonica del concerto solistico; proprio considerando il punto di partenza mozartiano (il Concerto in do minore K.491) si coglie la strada fatta da Beethoven: l’Allegro con brio si apre con un tema rettilineo, basato sull’accordo di do minore, senza lasciare quelle possibilità divagatorie che sono l’incanto dei Concerti di Mozart. Tutto viene sfruttato nel lavoro tematico, anche i materiali più grezzi come le due note cadenzanti (sol-do, sol-do) che concludono il primo tema.

Il secondo tema ha andamento cantabile, ma non rinuncia all’ampiezza messa in gioco dalle prime note del Concerto: negli sviluppi, lo scontro di solista e orchestra accumula tensione, risolta in modo mirabile alla fine del movimento con la combinazione timbrica in pianissimo di pianoforte e timpano. Il Largo si apre su orizzonti già schiettamente romantici: la tonalità scelta è il lontano mi maggiore, il pianoforte procede senza apparente unità metrica come improvvisando.

Rispetto all’originalità dei primi due movimenti il Rondò finale sembra rientrare in binari più consueti: tuttavia, oltre alla sfumatura umoristica, grottesca, impressa alla tonalità di do minore, sono da notare le improvvise modulazioni, un episodio fugato centrale e il ritmo cangiante delle ultime pagine.