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Recensione del concerto del 07 03 2022

Freddy Kempf in Conservatorio per “Serate Musicali”

Riascoltare il pianista londinese Freddy Kempf, da più di vent’anni ospite di “Serate Musicali”, è sempre un piacere.
Il suo talento virtuosistico non è soltanto complessa iper-tecnica digitale, ma supporto per un linguaggio personale di qualità. Il suo impaginato diversificato, prevedeva brani di Bach, Chopin, Rachmaninov e Čaikovskij di breve e media durata, e due corpose composizioni con la Sonata “Appassionata” di Beethoven e Carnaval di Schumann.
Quello che ha unito brani molto differenti, inseriti probabilmente per scelta dettata non da ragioni storiche, ma di piacere personale, è il modo di interpretare di Kempf, pianista tout court, che trova nel virtuosismo, spesso sostenuto con tempi rapidi, un elemento espressivo del suo particolare linguaggio certamente ricco di pathos.
Iniziando con un fulmineo Bach, con il Preludio e fuga n.12 (1742) dal secondo libro del Clavicembalo ben Temperato, con il relativo preludio eseguito celermente ma efficace nella quadratura temporale, Kempf ha fatto poi un salto di parecchi decenni passando allo Studio n.1 op.10 (1829-30) di Chopin. Un’interpretazione brillante, ricca di accenti e luminosissima.
Con l’Allegro moderato, il n.8 in re minore dagli Etudes Tableaux op.39 (1916-17) di Rachmaninov, il quarantacinquenne pianista si è spostato di molto nel tempo per poi tornare indietro di trent’anni con la Dumka op.59 in do minore (1886) di Čaikovskij. Entrambi i brani sono stati eseguiti molto bene, in piena sintonia col mondo russo. Il primo brano corposo, la Sonata in fa minore op.57 “Appassionata” ( 1804-05) del genio di Bonn, ha trovato un virtuoso energico. L’estrema accelerazione dei tempi laterali, Allegro assai e Allegro ma non troppo, erano di una coerenza esemplare nello stile di Kempf, forse lontani dalla tradizione dei grandi del passato, ma certamente di alto valore estetico.
Anche con l’ultimo brano in programma, Carnaval op.9 (1834-35), Kempf ha risolto energicamente i ventidue brevi pezzi che compongono il capolavoro di Schumann, con alcuni frangenti di intensa meditazione espressiva, nei momenti più moderati. Ottima interpretazione questa e tutte le altre per un pianista che, in Italia, andrebbe considerato maggiormente. Riflessivo e ben interpretato il bis con il celebre Adagio cantabile dalla Sonata “Patetica” (1798-99) di Beethoven.
Successo di pubblico e numerose uscite del protagonista in palcoscenico.

8 marzo 2022 Cesare Guzzardella

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