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P. ANDERSZEWSKI

Dettagli

Data:
20 Marzo 2023
Ora:
8:45 pm – 10:30 pm
Prezzo:
20€ – 25€
Categoria Evento:
Tag Evento:
,

Organizzatore

Serate Musicali
Phone
02 29409724
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biglietteria@seratemusicali.it
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Sala Verdi – Conservatorio di Milano

Via Conservatorio, 12
Milano, 20122 Italia
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«I GRANDI INTERPRETI»

Pianista PIOTR ANDERSZEWSKI

PROGRAMMA

JOHANN SEBASTIAN BACH (1685 -1750)

Partita n.6 in mi minore BWV830

  1. Toccata
  2. Allemande
  3. Courante
  4. Air
  5. Sarabande
  6. Tempo di Gavotta
  7. Gigue

KAROL SZYMANOWSKI (1882 – 1937)

Da “20 Mazurche” op.50:    – n.3 Moderato

  • – n.7 Poco vivace. Tempo oberka
  • – n.8 Moderato (non troppo)
  • – n.5 Moderato
  • – n.4 Allegramente, risoluto

ANTON WEBERN (1883 – 1945)

Variazioni op.27

  1. Sehr mäßig
  2. Sehr schnell
  3. Ruhig fließend

LUDWIG VAN BEETHOVEN (1770 – 1827)

Sonata per pianoforte n.31 in la bemolle maggiore op.110

  1. Moderato cantabile, molto espressivo
  2. Allegro molto
  3. Adagio, ma non troppo
  4. Fuga: Allegro, ma non troppo

Scarica il libretto di sala

PIOTR ANDERSZEWSKI

Ospite regolare di Wiener Konzerthaus, Wigmore Hall, Carnegie Hall, Théâtre des Champs-Élysées e Concertgebouw di Amsterdam, ha collaborato con Wiener Philharmoniker, London Symphony Orchestra, Philharmonia di Londra e NHK Symphony Orchestra di Tokyo. È stato solista e direttore con Scottish Chamber Orchestra, Chamber Orchestra of Europe e con Camerata Salzburg. Nel corso della stagione 2020/21 ha presentato, in recital in Europa, una sua versione particolare dei Preludi e Fughe del Clavicembalo ben Temperato di J.S. Bach (libro II), incisa anche in CD e pubblicata nel gennaio 2021.

Ha suonato inoltre con l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e Sir John Eliot Gardiner, con la Bamberg Symphony Orchestra e Jakub Hrusa, con i Wiener Symphoniker e David Zinman. È artista esclusivo Warner Classics/Erato dal 2000 con cui ha registrato le Variazioni Diabelli di Beethoven, le Partite n.1, 3 e 6 di Bach e un cd di lavori per pianoforte di Szymanowski. La sua registrazione dedicata alle opere di R.Schumann ha ricevuto il Recording of the Year del BBC Music Magazine e l’album delle Suites Inglesi nn.1, 3 e 5 di Bach, il Gramophone Award.

Nel 2018 ha pubblicato un album dedicato a due tardivi Concerti di Mozart con la Chamber Orchestra of Europe.Per le sue interpretazioni ha ricevuto il premio Gilmore, il premio Szymanowski e il premio della Royal Philharmonic Society. È stato protagonista di numerosi documentari del regista Bruno Monsaingeon, «Piotr Anderszewski interpreta le Variazioni Diabelli (2001)», in cui esplora il particolare rapporto di Anderszewski con l’opera iconica di Beethoven. «Unquiet Traveller (2008)», un insolito ritratto d’artista che cattura le riflessioni di Anderszewski sulla musica, la performance e le sue radici polacco-ungheresi. Nel 2016 Anderszewski è passato dall’altro lato della macchina da presa per esplorare il suo rapporto con la nativa Varsavia, producendo il film «Je m’appelle Varsovie». È ospite regolare di “Serate Musicali” dal 1997.

Nota di passaggio

“Scoperto” per l’Italia da “Serate Musicali”, esse sono liete di aver contribuito alla sua leggenda. Ospite storico di “SM” per le quali ha suonato in vesti e ruoli diversi. Chi é oggi Piotr Anderszewski? È egli disposto a ripetersi o rassomigliarsi sera per sera, come una Sarah Bernard? Ne dubitiamo. La sua inquietudine gli impedisce di essere un Pico della Mirandola o un cattedratico della tastiera, o una Sarah Bernard rediviva, ch’essa dorma nel suo marmo perenne. Noi, tentati dalla malinconia, riandiamo agli anni leggendari della Polonia di Leschetitzki-Paderewski-Friedman. Leschetitzki, ch’ebbe genio a volontà e più allievi geniali di Liszt; Paderewski, la “Prima lama di Polonia” e Presidente della Polonia; Friedman, il più grande e il più misconosciuto. I tre riuniti nell’eterno patto: «Per Chopin» e Friedman non ha dubbi; in eterno Chopin é l’Arbiter Elegantiarum. «Castità della musica» direbbe Parente il crociano. Ma noi? Noi non ci diamo pace. «Noch ist Polen nicht verloren» diceva mia nonna Smidovitc. Noch ist Polen nicht verloren, ripetiamo e intendiamo: non é ancor morta la Polonia di Leschetitzki-Paderewski-Friedman, se é viva la Polonia ideale di Piotr der Pole. Friedman, il dio della Mazurca, se tornasse in vita si troverebbe certo d’accordo con Anderszewski.  (H.F.)


JOHANN SEBASTIAN BACH

Partita n.6 in mi minore BWV830

Composta nel 1730, poco prima della pubblicazione unitaria della prima Klavierübung, la Partita n.6 spicca nel complesso della raccolta con i caratteri di una particolare imponenza costruttiva e di un’espressività intensa e severa. Tutti e sette i brani che la compongono si mantengono ancorati al modo minore (la prassi prevedeva che tutte le parti della Suite fossero nella stessa tonalità, consentendo però in uno o più casi un mutamento di modo), rispecchiando una scelta evidente nella stessa condotta di ciascun pezzo. Il brano introduttivo avvolge i suoi liberi arabeschi in armonie dense e cariche di significato, con scorci a volte drammatici; gli stessi caratteri informano la sezione centrale della Toccata, che sviluppa in un complesso episodio fugato il materiale tematico della prima parte, sfociando dopo serrate concatenazioni contrappuntistiche nella ripresa del disegno iniziale.

La linea melodica dell’Allemande si spezza in figurazioni ritmiche estremamente variate, trascendendo l’ossatura della danza in uno svolgimento ricco di fioriture. L’energico scatto della Corrente, con le lunghe catene di sincopi e il virtuosistico sgranarsi delle quartine, determina un aumento di vivacità senza ribaltare la tinta complessiva della Partita; nella quale inserisce un momento di meditativa distensione l’Air, che si muove pacatamente indugiando a lungo nel tono di sol maggiore, relativo al mi minore d’impianto, concludendosi, insolitamente, con una breve Coda. Centro psicologico della composizione è l’intensa e drammatica Sarabande, particolarmente elaborata nell’ampia seconda parte, dove gli spunti ritmici e melodici vengono sviluppati in eccezionali proiezioni fantastiche.

La Gavotta successiva ha una funzione in certo senso riequilibrartice, quasi a proporre una sorta di ricreazione; nella sua semplicità essa è tuttavia brano di fattura estremamente raffinata e si compiace di ricercate sovrapposizioni di ritmi diversi nell’intreccio delle due voci cui si affida il suo svolgimento. La Giga conclusiva abbandona i connotati di brillante e virtuosistico Finale che la forma della Suite assegna di consueto a questa danza per dar vita a un frastagliato e scalpitante edificio contrappuntistico, degno coronamento alla più elaborata e impegnativa fra le Sei Partite della prima Klavierübung.

KAROL SZYMANOWSKI

Da “20 Mazurche op.50”: nn.3,7,8,5,4

La composizione delle 20 Mazurche op.50 (furono pubblicate in cinque gruppi di 4 Mazurche tra il 1926 e il 1931) iniziò nella prima metà del 1924, nello stesso periodo in cui Szymanowski stava orchestrando la sua più grande Opera “Re Ruggero”. Sedici Mazurche furono terminate entro la fine dell’anno, le ultime quattro seguirono nella primavera del 1925. Szymanowski usò le Mazurche op.50 come modello sperimentale per provare un suo nuovo stile pianistico; forma, tonalità, ritmo: tutti i parametri sono stati impostati sulla ricerca di un nuovo linguaggio musicale che combini i tratti caratteristici della musica góral, cioè del folklore polacco, con la musica colta. Infatti Szymanowski utilizza, nelle Mazurche, la musica popolare delle diverse regioni della Polonia con grande libertà, mantenendone i tipici parametri compositivi ma combinandoli con il suo stile di scrittura.

ANTON WEBERN

Variazioni op.27

All’interno della musica da camera, le Variazioni op.27, composte nel 1936 e pubblicate l’anno dopo con dedica non casuale all’allievo di Busoni e Schönberg, Eduard Steuermann, sono uno dei pochissimi lavori per pianoforte solo di Anton Webern, come da rifiuto di quello che era stato lo strumento solistico per eccellenza del Romanticismo (oltre alle Variazioni scrisse solo il giovanile Satz für Klavier -1905/6-  il Kinderstück, anno 1924, che però fa capo alla letteratura per l’infanzia e il Klavierstück 1925, edito postumo nel 1966).

L’op.27 rientra nell’ultimo periodo creativo weberniano e sta fra il Concerto op.24 per nove strumenti e pianoforte (1934), il Quartetto per archi op. 28 (1938) e altre Variazioni – l’op. 30 per orchestra – con l’“oggettivismo costruttivista” di questi brani. Le Variazioni sono suddivise in tre movimenti brevissimi che rappresentano, secondo uno schema convenzionale, tre insiemi di Variazioni su un Tema il quale, secondo una costruzione meno classica ma comunque abbastanza diffusa dal Romanticismo in poi, appare nell’ultima Variazione. Il Tema è una serie presentata nella sua forma originale. Durante le Variazioni vengono usate altre forme della stessa serie in una visione ortodossa dello sviluppo dodecafonico. Si potrebbe dire che raramente la dodecafonia ha trovato, in un lavoro compiuto, applicazione rigorosa e radicale paragonabile a quella delle Variazioni weberniane.

LUDWIG VAN BEETHOVEN

Sonata per pianoforte n.31 in la bemolle maggiore op.110

La Sonata in la bemolle maggiore op.110 fupubblicata nell’agosto del 1822. Fin dall’inizio del primo movimento, Moderato cantabile molto espressivo, la musica denuncia una precisa volontà di canto, che è poi una voce non più oggettiva, assoluta, ma effettivamente sorgiva dall’intimo del compositore. La forma-sonata di questo primo movimento scorre via senza alcun contrasto tematico e lascia che i materiali melodici dei due gruppi si succedano liberamente, nell’unica costante di una tersa cantabilità, accompagnata in modo molto lineare da accordi o arpeggi, quasi si trattasse di un unico, grande Lied.

Il carattere quasi domestico, confidenziale, della Sonata in la bemolle è ulteriormente confermato dal fatto che Beethoven usa per l’Allegro molto, secondo movimento, due temi tratti da canti popolari austriaci molto noti e di carattere umoristico. In particolare, il secondo porta il titolo «Ich bin lüderlich, du bist lüderlich» («Io sono un cialtrone, tu sei un cialtrone») e sottolinea il paradosso allusivo di una probabile autocaricatura. Il Trio prosegue sulla linea umoristica dello Scherzo, ma con maggiore raffinatezza e una ridda di crome veloci, priva di una solida base armonica, quasi vagolante nel vuoto, senza meta e senza la minima cura per la dinamica degli accordi. La ripresa dello Scherzo è fatta seguire da una breve Coda sempre più smorzata e ritardata, cosi da introdurre la grande scena lirica e la Fuga dell’ultima parte. Come spesso accade nell’ultimo Beethoven, in queste pagine sublimi sembra che l’autore si sforzi di liberare la musica dalla sua veste puramente strumentale e cerchi di dare alle note l’immediatezza della parola: si avverte cioè, in nuce, quel che nel Finale della Nona Sinfonia verrà realizzato praticamente. Quel che Beethoven ricrea sulla tastiera è in effetti una vera scena d’opera seria, alla maniera dei compositori gluckiani del tardo Settecento e del primo Ottocento.

Prima un’Introduzione accordale solennemente oratoria, a imitazione di un’orchestra d’archi; quindi, un Recitativo che culmina nella ripetizione ossessiva di una sola nota, il la, prima in crescendo e poi in diminuendo, fino alla Cadenza. Si apre a questo punto un Arioso dolente (Klagender Gesang) di carattere eminentemente vocale, struggentemente espressivo. È una delle pagine più intime e personali che Beethoven abbia scritto, quasi il lamento di un’anima ferita. Alla desolazione di quest’aria pianistica giunge però immediatamente il confronto di una Fuga a tre voci luminosissima. Ancora una volta l’ottimismo di Beethoven trionfa sull’angoscia, l’imperativo categorico dell’etica kantiana spezza i vincoli delle miserie terrene, rappresentato dalla più spirituale fra le costruzioni musicali. Nelle certezze della Fuga tuttavia si insinua ancora una volta la tragica melodia dell’Arioso, ancor più affranta, secondo l’indicazione di Beethoven: «Perdendo le forze, dolente». Ma la Fuga, ricomparendo con l’inversione del Tema, spazza via, sempre più energica e giubilante, ogni dubbio.