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E. SUDBIN

Dettagli

Data:
8 Maggio 2023
Ora:
8:45 pm – 10:30 pm
Prezzo:
€20 – €25
Categoria Evento:
Tag Evento:
,

Organizzatore

Serate Musicali
Phone
02 29409724
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biglietteria@seratemusicali.it
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Sala Verdi – Conservatorio di Milano

Via Conservatorio, 12
Milano, 20122 Italia
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«I GRANDI INTERPRETI»

Pianista EVGENIJ SUDBIN

PROGRAMMA

FRANZ JOSEPH HAYDN (1732-1809)
Sonata in si bemolle minore Hob. XVI n. 32
Allegro moderato – Minuetto – Trio – Finale. Presto

FRANZ LISZT (1811 – 1886)
Da “12 Studi d’esecuzione trascendentale”:
n. 11 “Armonie della sera” in re bemolle maggiore

CLAUDE DEBUSSY (1862 – 1918)
L’isle joyeuse L.109

DOMENICO SCARLATTI (1685 – 1757)
Sonata K197 in si minore
Sonata K9 in re minore
Sonata in sol minore
Sonata K455 in sol maggiore
Sonata K466 in fa minore
Sonata K27 in si minore

FRYDERYK CHOPIN (1810 – 1849)
Ballata n.3 in la bemolle maggiore op.47
Allegretto

ALEXANDER SCRIABIN (1872 – 1915)
Sonata n.5 in fa diesis maggiore op.53
Allegro. Impetuoso. Con stravaganza

Scarica il libretto di sala


YEVGENY SUDBIN

É stato indicato da The Telegraph come “uno dei più grandi pianisti del 21° secolo”. Tutte le sue registrazioni hanno riscosso uno straordinario successo di critica, oltre a essere pubblicizzate come CD del Mese dal BBC Music Magazine e da Gramophone: la sua registrazione di Scriabin è stata giudicata CD dell’anno dal The Telegraph e ha ricevuto il premio MIDEM a Cannes; il suo disco per il 10° Anniversario delle Sonate di Scarlatti ha raggiunto il Primo Posto nelle Classical Music Charts oltre ad acquisire una nomination per il Gramophone Classical Music Award. Inoltre, Gramophone lo ha riconosciuto come uno dei massimi interpreti attuali di Rachmaninov, tanto da definire la sua interpretazione del Concerto n.1 ai BBC Proms alla Royal Albert Hall come “sublime”.

Appare regolarmente nelle sale più famose al mondo: Tonhalle di Zurigo; Royal Festival Hall, Queen Elizabeth Hall, Wigmore Hall, Concertgebouw; Avery Fisher Hall (New York), Davies Symphony Hall (San Francisco). Recenti tourneés con: Philharmonia, Rotterdams Philharmonisch Orkest, Montreal Symphony Orchestra, Minnesota Orchestra, City of Birmingham Symphony Orchestra, BBC Philharmonic, Luzerner Sinfonieorchester, Czech Philharmonic, Royal Liverpool Philharmonic, New Zealand Symphony Orchestra, Australian Chamber Orchestra. Yevgeny ha collaborato con Neeme Järvi, Vladimir Ashkenazy, Osmo Vänskä, Hannu Lintu, Tugan Sokhiev, Mark Wigglesworth, Andrew Litton, Dmitri Slobodeniouk e Vassily Sinaisky. Il suo amore per la musica da camera lo ha portato a collaborare con Chaushian, Gringolts, Hahn, Fischer, Moser, Gluzman, Chilingirian Quartet etc…

Apparizioni a festival includono Aspen, Mostly Mozart, Tivoli, Nohant, La Roque d’Antheron, Mentone e Verbier.

Impegni recenti e futuri includono concerti e progetti con Birmingham Town Hall, Kolarac Hall (Belgrado), Chopin Society (Londra), Vancouver Recital Society; debutti con la Cincinnati Symphony Orchestra, NCPA Beijing e Japan Philharmonic, oltre a un reinvito con la London Chamber Orchestra.

Nato a San Pietroburgo nel 1980, all’età di 5 anni ha intrapreso gli studi presso il Conservatorio della sua città natale con Lyubov Pevsner. È emigrato con la famiglia in Germania nel 1990, dove ha proseguito gli studi alla Hanns Eisler Musikhochschule di Berlino. Nel 1997 si trasferisce a Londra per studiare alla Purcell School e, successivamente, entra a far parte della Royal Academy of Music dove ha completato il suo percorso di studio. È stato sostenuto dalle Fondazioni Hattori e Pulvermacher e dalla “Wall Trust”, di cui è ora Vice Presidente. Nel 2010 ha conseguito una borsa di studio da parte della Academy of Music di cui ora è Visiting Professor. Vive a Londra con la moglie e i tre figli e, nel tempo libero, è un appassionato fotografo.

“Scoperto” da Serate Musicali nel 2001, esse ne hanno assecondato la verità e la scintilla.


FRANZ JOSEPH HAYDN

Sonata in si bemolle minore Hob. XVI n. 32

Haydn, il più anziano dei grandi classici viennesi, ebbe un periodo creativo di oltre cinquant’anni. A lui, più che a chiunque altro, va il merito di aver condotto la musica strumentale, con la densità delle sue strutture dialettiche e la forma-sonata drammaticamente intensificata, fuori dall’ingenuità dello «stile galante». Haydn fu pioniere del Quartetto per archi e della Sinfonia, maestro nella creazione di Messe solenni sinfonico-corali, grande rinnovatore dell’Oratorio di tipo händeliano (che divenne romantico nelle sue mani), compositore versatile di opere serie e comiche nello stile italiano e infine eccellente autore di composizioni pianistiche che egli consegnò in eredità alla titanica complessità beethoveniana.

Amico di Mozart e insegnante di Beethoven, l’influenza da lui esercitata su entrambi è incalcolabile, specialmente nel campo della Sinfonia e del Quartetto per archi, quantunque l’alta maturità di Haydn beneficiasse largamente della musica del più giovane Mozart, specialmente nei lavori scritti dopo il 1790. L’attività musicale di Haydn trapassa dalle galanterie giocose dei suoi primi divertimenti allo splendore romantico delle pagine orchestrali e dei tardi Oratori, che divennero la base dell’opera lirica agli inizi del XIX Secolo.

Le cinquantadue Sonate per pianoforte di Haydn mostrano una evoluzione riscontrabile anche in quella delle Sinfonie e dei Quartetti per archi. Composte approssimativamente fra il 1760 e il 1794, esse riflettono chiaramente la lenta emancipazione di Haydn dai modelli austriaci provinciali e l’effetto stimolante del nuovo stile sonatistico di C.Ph.E. Bach (in particolare la Sonata n.20 in do minore, composta nel l77l). La notevole insistenza nel coltivare il precedente tipo formale basato su formule ritmiche e melodiche affini al Minuetto, le collega ancora al mondo morente del vecchio stile di divertimento. Tuttavia, nelle ultime Sonate (scritte fra il 1789 e il 1794), Haydn apre una nuova strada verso concezioni formali molto più ambiziose, raggiungendo un impressionante contrasto tonale che anticipa i più audaci esperimenti di Beethoven. Alcune Sonate per pianoforte di Haydn apparvero anche come duo per pianoforte e violino.

FRANZ LISZT

Da «12 Studi d’esecuzione trascendentale» S.139: n.11 in re bemolle maggiore “Armonie della sera”

La prima versione risale al 1826, quando Liszt era solo quindicenne, pubblicata dall’editore marsigliese Boisselot con il nome Études en douze exercices; l’intenzione di Liszt era di scrivere quarantotto esercizi in tutte le tonalità minori e maggiori, sul modello del suo maestro Carl Czerny ma si fermò a dodici. Questa versione embrionale risulta op.6 S. 136 nel catalogo delle opere di Liszt. La seconda versione risale al 1837 e fu pubblicata contemporaneamente a Parigi, Milano e Vienna sotto il titolo Douze grandes études S.137, radicale riscrittura dell’acerbo materiale del 1826 i 12 Studi che ne risultano sono ricchi di accorgimenti tecnico-strumentali assai avanzati e sono di difficoltà strumentale altissima, ai limiti della corretta eseguibilità.

La terza e ultima versione del 1851, S139,  è quella che viene più spesso suonata attualmente, dedicata a Czerny. Si tratta di una revisione della versione del 1837 che ne attenua la difficoltà, ne acuisce l’eleganza e ne nobilita il disegno formale complessivo, ripulendo un po’ il materiale musicale da una scrittura talvolta eccessivamente sovraccaricata da figurazioni tecnicistiche. Come vale per i 24 Studi di Chopin op. 10 e op. 25, queste opere non sono arido materiale didattico. A differenza di Chopin, che aveva dedicato ognuno dei suoi singoli Studi a una particolare tecnica pianistica, Liszt non si ritiene vincolato e usa e abusa della propria libertà.  

N. 11 Harmonies du soir (Armonie della sera), in re bemolle maggiore. Studio tra i più conosciuti, inizialmente molto lento e contemplativo e poi via via più mosso, dalle sonorità dolcissime, ma non per questo di facile esecuzione. Il titolo è ispirato alla poesia dello scrittore e poeta francese Alphonse de Lamartine (1790-1869), più volte spunto creativo per Liszt. Esiste comunque anche una poesia di Charles Baudelaire dal titolo identico e appartenente alla raccolta “I fiori del male”, pubblicata sei anni dopo lo Studio di Liszt.

Le difficoltà tecniche, consistono nei lunghi arpeggiati, nella ricerca timbrica, in salti d’ottava e ampi accordi ribattuti. Il brano inizia con un’atmosfera pacata, crepuscolare, con campane lontane  su un  tappeto di  accordi arpeggiati  e armonie  dai ricercatissimi colori. Nell’intimo Adagio centrale in mi maggiore, un dolce canto è accompagnato da arpeggi divisi tra le due mani, e dopo una trionfante (come annotato da Liszt) ripetuta riesposizione del tema, nel Finale ritorna nella quieta e dolce atmosfera crepuscolare dell’inizio, con morbidi accordi arpeggiati e timbri cangianti.

CLAUDE DEBUSSY

L’isle joyeuse L109

L’isle joyeuse fu scritta da Debussy nel settembre del 1904 a Dieppe, dove il compositore si era recato in vacanza abbandonando la moglie, in compagnia della signora Emma Bardac che più tardi avrebbe sposato in seconde nozze. Il pezzo sarebbe ispirato a un celebre quadro di Watteau, L’embarquement pour Cythère e perciò Debussy avrebbe impiegato la grafia antica di “isola”, isle, in luogo dell’odierno île. Pubblicata nel 1904, senza dedica, la composizione fu eseguita per la prima volta il 18 febbraio 1905 alla Société Nationale da Ricardo Vines, insieme con Masques e divenne in breve tempo molto nota. Musica “all’aperto” come la rivoluzionaria Soirée dans Grenade dell’anno precedente, l’Isle joyeuse è però di concezione, di struttura e di scrittura strumentale più tradizionali. Si tratta, fatto raro in Debussy, di un pezzo da concerto calcolato in vista del rapporto con il pubblico di una grande sala. Lo “scenario” si richiama alla Fétes galantes di Verlaine e, attraverso questi, a Watteau, non senza un tocco – l’imbarco per l’isola dell’amore – di autobiografismo. Sono evidenti i simbolismi dell’acqua (nel primo tema) e dell’isola dell’amore (nel secondo tema, che arieggia il valzer lento), ma la scrittura è saldamente ancorata alla tradizione virtuosistica postlisztiana ed è di effetto

brillantissimo nella sua sapiente mescolanza di dinamiche contrastanti, di rarefazioni e di accumulazioni. La forma, sebbene non legata a uno schema, tiene però conto dell’Allegro bitematico della Sonata: esposizione di due temi, sviluppo, riesposizione abbreviata e Coda. Il recupero della tradizione prevale quindi qui sulla sperimentazione che caratterizza le precedenti Estampes (1903) e che segnerà poi tutta l’opera di Debussy a partire dalla prima serie delle Images (1905).

DOMENICO SCARLATTI

Sonata K197 in si minore; Sonata K9 in re minore; Sonata in sol minore; Sonata K455 in sol maggiore; Sonata K466 in fa minore; Sonata K27 in si minore

Nella seconda meta della sua vita, Domenico Scarlatti – figlio di Alessandro, (autore soprattutto di opere per il teatro) lascia Napoli e si stabilisce nella penisola iberica. Là, in Portogallo e in Spagna, patrocinato dalle corti reali, diventa uno dei più grandi autori per strumento a tastiera di tutti i tempi. Da allora si dedica quasi esclusivamente a scrivere Sonate per «gravicembalo» in forma binaria, il più delle volte concepite in coppia (tra le Sonate concepite singolarmente e ancora più rare quelle programmate come dei «trittici»). Qualcosa come 550 composizioni che coprono una vastissima gamma espressiva. Se è chiaro l’ambiente italiano in cui si è formato Scarlatti, successivamente si condisce di spezie iberiche, di suoni inebrianti di flamenco, di chitarra, di danze iberiche. Mozzafiato il suo virtuosismo, ma mai impiegato come fine a se stesso. Scarlatti irradia calore, gioia, sovrabbondanza mediterranei, venati tuttavia da malinconia che si cela sotto una superficie smagliante, qualità «agrodolce» intrinseca alla napoletanità. Scarlatti è stato «lo Chopin del Settecento».

Entrambi scrissero quasi esclusivamente per uno strumento a tastiera, entrambi lasciarono la loro patria per raggiungere nuove vette nei loro paesi di adozione ed entrambi possiedono quella qualità inimitabile, inspiegabile – una «firma» personale, uno stile che si riconosce al primo ascolto. Nel 1745 saliva al trono il principe delle Asturie, col nome di Ferdinando VI e Scarlatti manteneva la carica con titolo di Maestro de los reyes catholicos. Firma il testamento nel 1749. Negli anni cinquanta incontra Padre Soler (forse suo allievo). Del ’56 l’ultima opera: Salve Regina. Lo si ritrae dedito al gioco. Si spegne (1757) nell’abitazione madrilena (in Calle de Leganitos) ed è sepolto «de secreto» nel Convento di S. Norberto. Nel 1845 soppresso il Convento, dispersa la tomba. Le Sonate per Clavicembalo saranno l’unica sua opera pubblicata nel 1738 con il titolo di Essercizi per Gravicembalo; ma ciò può solo dimostrare che sono state scritte prima di quell’anno. Eppure confrontando vari elementi compositivi, quali caratteristiche formali, elementi armonici e melodici, figure musicali, forti influenze stilistiche  italiane e iberiche, possiamo distinguere diversità tra le Sonate attribuibili a tre periodi: giovanile (circa il primo centinaio), della maturità (circa altre 300) e dell’ultimo periodo (le altre 155 circa).

FRYDERYK  CHOPIN

Ballata n.3 in la bemolle maggiore op.47

La Ballata n.3 in la bemolle maggiore op.47 fu composta da Chopin tra il 1840 e il 1841 e pubblicata l’anno successivo con dedica a Pauline de Noailles, sua allieva. Schumann, in una recensione del 1842, ne segnalava il carattere profondamente diverso dalle due precedenti, definendola «una delle sue opere più originali». É la più danzante e volubile. Il I Tema, lirico, è il meno narrativo dei quattro primi temi, quasi duo. Segue un moto di Danza che sarà il carattere del II Tema, squisitamente fatuo. C’è aria di seduzione, anzi di civetteria. “Creata” da Chopin in un concerto alla Salle Pleyel il 21.02.’42, è la sola Ballata che conclude con una “Coda”, ma senza dare problemi agli esecutori.