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EVGENIJ SUDBIN

Pianista EVGENIJ SUDBIN

Dettagli evento
  • Data : 13 Maggio 2024, ore 20:45
  • Luogo : Sala Verdi – Conservatorio di MIlano, via Conservatorio 2, 20122 Milano
  • Biglietti: intero 20€, ridotto 15€

Sala Verdi – Conservatorio di Milano

Via Conservatorio, 12
Milano, 20122 Italia
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Programma

FRANZ LISZT (1811 – 1886)
«Funérailles» da Harmonies poétiques et religieuses S.173

FRYDERYK CHOPIN (1810 – 1849)
Ballata n.4 in fa minore per pianoforte op.52
Andante con moto
Accelerando

CLAUDE DEBUSSY (1862 – 1918)
L’isle joyeuse L.109

ALEKSANDR SKRJABIN (1872 – 1915)
Sonata n.4 in fa diesis maggiore op.30
Andante. Prestissimo volando
Sonata n.10 per pianoforte op.70
Moderato

CAMILLE SAINT-SAENS (1835-1921)
Danse Macabre (da Liszt/Horowitz)

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YEVGENY SUDBIN

É stato indicato da The Telegraph come “uno dei più grandi pianisti del 21° secolo”. Tutte le sue registrazioni hanno riscosso uno straordinario successo di critica, oltre a essere pubblicizzate come CD del Mese dal BBC Music Magazine e da Gramophone: la sua registrazione di Scriabin è stata giudicata CD dell’anno dal The Telegraph e ha ricevuto il premio MIDEM a Cannes; il suo disco per il 10° Anniversario delle Sonate di Scarlatti ha raggiunto il Primo Posto nelle Classical Music Charts oltre ad acquisire una nomination per il Gramophone Classical Music Award. Inoltre, Gramophone lo ha riconosciuto come uno dei massimi interpreti attuali di Rachmaninov, tanto da definire la sua interpretazione del Concerto n.1 ai BBC Proms alla Royal Albert Hall come “sublime”.

Appare regolarmente nelle sale più famose al mondo: Tonhalle di Zurigo; Royal Festival Hall, Queen Elizabeth Hall, Wigmore Hall, Concertgebouw; Avery Fisher Hall (New York), Davies Symphony Hall (San Francisco). Recenti tourneés con: Philharmonia, Rotterdams Philharmonisch Orkest, Montreal Symphony Orchestra, Minnesota Orchestra, City of Birmingham Symphony Orchestra, BBC Philharmonic, Luzerner Sinfonieorchester, Czech Philharmonic, Royal Liverpool Philharmonic, New Zealand Symphony Orchestra, Australian Chamber Orchestra. Yevgeny ha collaborato con Neeme Järvi, Vladimir Ashkenazy, Osmo Vänskä, Hannu Lintu, Tugan Sokhiev, Mark Wigglesworth, Andrew Litton, Dmitri Slobodeniouk e Vassily Sinaisky. Il suo amore per la musica da camera lo ha portato a collaborare con Chaushian, Gringolts, Hahn, Fischer, Moser, Gluzman, Chilingirian Quartet etc…

Apparizioni a festival includono Aspen, Mostly Mozart, Tivoli, Nohant, La Roque d’Antheron, Mentone e Verbier.

Impegni recenti e futuri includono concerti e progetti con Birmingham Town Hall, Kolarac Hall (Belgrado), Chopin Society (Londra), Vancouver Recital Society; debutti con la Cincinnati Symphony Orchestra, NCPA Beijing e Japan Philharmonic, oltre a un reinvito con la London Chamber Orchestra.

Nato a San Pietroburgo nel 1980, all’età di 5 anni ha intrapreso gli studi presso il Conservatorio della sua città natale con Lyubov Pevsner. È emigrato con la famiglia in Germania nel 1990, dove ha proseguito gli studi alla Hanns Eisler Musikhochschule di Berlino. Nel 1997 si trasferisce a Londra per studiare alla Purcell School e, successivamente, entra a far parte della Royal Academy of Music dove ha completato il suo percorso di studio. È stato sostenuto dalle Fondazioni Hattori e Pulvermacher e dalla “Wall Trust”, di cui è ora Vice Presidente. Nel 2010 ha conseguito una borsa di studio da parte della Academy of Music di cui ora è Visiting Professor. Vive a Londra con la moglie e i tre figli e, nel tempo libero, è un appassionato fotografo.

“Scoperto” da Serate Musicali nel 2001, esse ne hanno assecondato la verità e la scintilla.


FRANZ LISZT

«Funérailles» da Harmonies poétiques et religieuses S.173

Questa raccolta fu composta tra il 1834 – con Pensées des morts, primo brano – e il 1852, quando le dieci parti di cui è composta furono riunite da Liszt sotto il titolo preso in prestito da Lamartine. Le Harmonies Poétiques et Religieusesdel poeta francese, erano state pubblicate nel 1830 in quattro libri, che raccolgono quarantasette poesie, miranti «a riprodurre un grande numero delle impressioni della natura e della vita sull’animo umano», con quest’avvertimento: «Questi versi sono rivolti a pochi». Il musicista, che aveva ventidue anni quando lesse Lamartine, non esitò a considerarsi fra questi.

Delle poesie che prese in considerazione, quattro soltanto conservarono il loro titolo: Invocation, Benédiction de Dieu dans la solitude, Pensées des morts et Hymne de l’enfant à son réveil: gli altri sei brani portano titoli dati da Liszt stesso. La raccolta fu dedicata a Jeanne Elisabeth Carolyne (la principessa Sayn-Wittgenstein, divenuta la sua amante). Non si può mettere in dubbio che questa raccolta racchiuda sia il meglio che il peggio del pianismo lisztiano: alcuni momenti sublimi e sfortunatamente alcuni brani di un’eloquenza finta, dove si riflettono le ambiguità (e le debolezze) del sentimento religioso. «Funerailles», compare come settimo numero delle «Harmonies poétiques et religieuses».

È scritto nel 1849, mese e anno della morte di Chopin. È la memoria di tre nobili vittime della Rivoluzione d’Ungheria del 1848-1850: Principe Felix von Lichnowsky, Conte Seleky, Conte Balthyanyi. Oltre ai tre eroi ungheresi, c’è una reminiscenza di un eroe non celebrato: Chopin (Grande Polacca in la bemolle op.53, che aleggia nel famoso passaggio di ottave). Dopo il rullare sordo dei tamburi dell’Introduzione, che danno un crescendo apocalittico, il «sottovoce» («pesante» il Tema alla sinistra) dà avvio alla Marche funébre che, con inquietudine à la Liszt, da fa minore rapidamente sale modulando a fa diesis minore. Il giro-base è fa minore – si bemolle minore – fa diesis minore.

Se immaginiamo che Liszt avesse a mente la Marcia funebre della Sonata op.35 di Chopin, possiamo anche ammettere che il «lacrimoso», in la bemolle maggiore, sia il pendent al Trio della Marcia funebre di Chopin. Simile la curva vocale della melodia, simili le quartine accompagnanti nella sinistra.

FRYDERYC CHOPIN

Ballata per pianoforte n.4 in fa minore op.52

Composta nel 1842, pubblicata a Lipsia e a Parigi nel 1843, fu dedicata alla baronessa Charlotte de Rotschild. Capolavoro straordinario per ispirazione ed eloquenza, per l’originalità dei suoi motivi e la ricchezza dell’armonia, è una pagina patetica, ora appassionata, ora triste, perfino supplicante – nella quale Alfred Cortot vedeva «una sontuosità armonica, un raffinamento di scrittura molto significativo di un nuovo orientamento di stile di Chopin…». Questa ultima Ballata si apre con Andante con moto per sette battute d’Introduzione su un motivo di un lirismo tenero e nostalgico, che riapparirà al centro dell’opera. Il primo tema «mezzo voce» ha il carattere espressivo di un tema di Notturno, ravvivato da un piccolo disegno di crome briose.

Lunghi accordi applicati su delle possenti ottave che sembrano dondolarsi, conducono alla riesposizione del tema trasformato nella sua linea melodica e abbellito da una graziosa serie di terze parallele. Un brillante Accelerando porta al secondo tema esposto di un ritmo calmo di Barcarola: poi tutto si anima con un brio che si placherà sul ritorno delle tenere inflessioni dell’Introduzione, ma in la maggiore. Queste svaniscono come in sogno su una Cadenza dolcissima e su leggeri arpeggi aerei scritti in piccole note. Un sorprendente Canone a due, poi a tre voci s’incatena immediatamente sotto gli elementi del primo tema, che prendono un carattere inquieto o tormentato ma si sviluppano e si trasformano subito in gioiosi e turbinosi trilli.

Il secondo tema stesso partecipa a questa esplosione sonora che si distende sontuosamente fino ai tre grandi accordi di «fortissimo». A questa interrogazione rispondono sordamente cinque accordi lunghi e chiari. Sembrano indicare l’inizio della Coda in un tumulto pieno di vitalità, attraversato da trilli in terze, in ottavi e in accordi.

CLAUDE DEBUSSY

L’isle joyeuse L109

L’isle joyeuse fu scritta da Debussy nel settembre del 1904 a Dieppe, dove il compositore si era recato in vacanza abbandonando la moglie, in compagnia della signora Emma Bardac che più tardi avrebbe sposato in seconde nozze. Il brano sarebbe ispirato a un celebre quadro di Watteau, L’embarquement pour Cythère e perciò Debussy avrebbe impiegato la grafia antica di “isola”, isle, in luogo dell’odierno île. Pubblicata nel 1904, senza dedica, la composizione fu eseguita per la prima volta il 18 febbraio 1905 alla Société Nationale da Ricardo Vines, insieme con Masques e divenne, in breve tempo, molto nota. Musica “all’aperto” come la rivoluzionaria Soirée dans Grenade dell’anno precedente, l’Isle joyeuse è però di concezione, di struttura e di scrittura strumentale più tradizionali.

Si tratta, fatto raro in Debussy, di un pezzo da concerto calcolato in vista del rapporto con il pubblico di una grande sala. Lo “scenario” si richiama alla Fétes galantes di Verlaine e, attraverso questi, a Watteau, non senza un tocco – l’imbarco per l’isola dell’amore – di autobiografismo. Sono evidenti i simbolismi dell’acqua (nel primo tema) e dell’isola dell’amore (nel secondo tema, che arieggia il valzer lento), ma la scrittura è saldamente ancorata alla tradizione virtuosistica post lisztiana ed è di effetto brillantissimo nella sua sapiente mescolanza di dinamiche contrastanti, di rarefazioni e di accumulazioni. La forma, sebbene non legata a uno schema, tiene però conto dell’Allegro bitematico della Sonata: esposizione di due temi, sviluppo, riesposizione abbreviata e Coda. Il recupero della tradizione prevale quindi qui sulla sperimentazione che caratterizza le precedenti Estampes (1903) e che segnerà poi tutta l’opera di Debussy a partire dalla prima serie delle Images (1905).

ALEKSANDR SKRJABIN

Sonata n.4 in fa diesis maggiore op.30

La Sonata n.4 op.30 composta nel 1903 e pubblicata nel 1904 è, ideologicamente, una Ouverture da concertoAndante introduttivo e Prestissimo volando, in forma-sonata con apoteosi finale del tema dell’Andante. L’epigrafe “Volo dell’uomo verso le stelle, simbolo della felicità”, spiega benissimo le intenzioni del compositore, fondamentalmente un mistico, che nel 1905 pubblica, oltre alla Sonata n.4, la Sinfonia n.3 “Poema divino” e sempre nel 1905 comincia a comporre il “Poema dell’estasi”. Il primo movimento, espressivo e calmo, è monotematico (basato su un unico tema). Il secondo movimento, celebrativo e con climax crescente, inizia subito dopo il movimento Andante.

Un’idea più romantica è l’uso della forma ciclica nel riaffermare il tema principale dell’Andante (dolcissimo) come culmine estatico del movimento Prestissimo volando (Focosamente, giubiloso). Questo sforzo appare strettamente correlato agli ultimi due movimenti della terza Sonata, in cui il culmine del finale riafferma allo stesso modo il tema lirico dell’Andante del terzo movimento. Compositori russi come Ciaikovski o Rachmaninov hanno spesso ribadito il tema lirico del movimento finale come coda culminante. Skrjabin invece ritorna sul tema del movimento “lento” e questo potrebbe aver portato a ulteriori esperimenti con una condensazione della forma nella quinta sonata a movimento singolo in cui la climax è di nuovo una riaffermazione del tema del Languido (dolcissimo) .

Sonata n.10 per pianoforte op.70

Al 1913 e precisamente all’estate, appartengono le ultime tre Sonate di Skrjabin, che rappresentano gli esiti più ambiziosi e avveniristici della sua produzione pianistica. Troviamo in questi lavori i tratti ricorrenti dell’ultimo Skrjabin, ovvero l’impiego di una piena atonalità e di un linguaggio sommamente cromatico e l’aspirazione verso una dimensione simbolista rivolta verso molti differenti significati. Nel caso della Sonata n.10 op.70, l’idea base è quella di cogliere l’alito vitale della natura; non a caso si è spesso parlato di “Sonata degli insetti”, a causa di alcune righe dell’autore che illustravano il contenuto dello spartito: «Gli insetti sono nati dal sole che li nutre. Sono i baci del sole, come la mia Decima Sonata, che è una Sonata d’insetti. Il mondo ci appare come una entità quando consideriamo le cose sotto questo punto di vista». Questo messaggio pan-naturalistico trova la sua ragion d’essere proprio all’interno del contenuto musicale. La Sonata si articola in un movimento unico – un breve Moderato introduttivo che precede un vasto Allegro – e segue la forma sonata.

Nel Moderato fanno la loro comparsa i vari temi, primo fra tutti quello formato da due terze disgiunte e discendenti; l’indicazione très doux et pur serve a definire l’ambientazione diafana, quasi debussiana di questo inizio. Segue poi un nuovo tema cromatico e viene quindi ripreso il tema in terze; a questo punto, sulle ultime battute dell’Introduzione, Skrjabin introduce l’elemento più rilevante di tutta la Sonata, il Trillo, che suona come un improvviso risveglio. Si passa così all’Allegro, dove compare un terzo tema, anch’esso cromatico ma discendente; questi tre temi principali sono dunque protagonisti della forma-sonata, vengono sviluppati con varie trasformazioni e poi riesposti nella ripresa; al termine torna l’inizio della intera Sonata.

Ma questo percorso, descritto in questi termini, non rende assolutamente ragione del contenuto dello spartito, la cui straordinaria forza di comunicazione risiede proprio nel ricorso al trillo. Il trillo non è qui decorativo, ma elemento strutturale, tale da incunearsi nelle voci interne, da palesarsi alle voci superiori, da riapparire continuamente, anche sotto forma di tremolo accordale; è dal trillo che nasce la luce, la vitalità della Sonata di Skrjabin, l’inveramento del credo estetico del compositore.

CAMILLE SAINT- SAËNS

Danse macabre op.40 (da Liszt/Horowitz)

La Danse macabre op.40 nacque come lirica per voce e pianoforte ispirata a una poesia di Jean Lahor; le difficoltà che i cantanti trovavano nell’intonare la melodia convinsero Saint-Saëns a trasformare il pezzo in un Poema Sinfonico per orchestra, che fu eseguito per la prima volta ai Concerts Colonne di Parigi il 24 gennaio 1875, con successo contrastato. A dimostrarsi fin da subito entusiasta della Danse macabre fu invece Franz Liszt, autore di una trascrizione per pianoforte che contribuì non poco alla divulgazione e al successo del brano.

Tra le opere ispirate alla leggenda della Morte che a mezzanotte danza in mezzo agli scheletri usciti dalle tombe, la Danse macabre è quella che con maggior decisione trascura l’interpretazione romantico-demoniaca, per privilegiare invece un discorso improntato soprattutto all’ironia e all’umorismo, con effetti evocativi assai spassosi (lo stridere delle ossa evocato, nella versione orchestrale, dal suono dello xilofono; la citazione nient’affatto terrificante del Dies Irae).