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INSUBRIA CHAMBER ORCHESTRA

Direttore GIORGIO RODOLFO MARINI
Pianista CARLO LEVI MINZI

In collaborazione con

Dettagli evento
  • Data : 10 Giugno 2024, ore 20:45
  • Luogo : Sala Verdi – Conservatorio di MIlano, via Conservatorio 2, 20122 Milano
  • Biglietti: intero 25€, ridotto 20€

Sala Verdi – Conservatorio di Milano

Via Conservatorio, 12
Milano, 20122 Italia
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Programma

«Omaggio a Puccini e Semini»

GIACOMO PUCCINI (1858 – 1924) – nel 100° anniversario della morte
“Crisantemi”, elegia per quartetto d’archi
(versione per orchestra d’archi)
Andante maestoso

CARLO FLORINDO SEMINI (1914 – 2004) – nel 110° anniversario della nascita e 20° anniversario della morte
“I mosaici di Piazza Armerina”, per pianoforte e archi
I. Camera di Arione
II. Fanciulli cacciatori
III. Barca sul fiume
IV. Amorini pescatori
V. Sacrificio ad Artemide
VI. Puellae Ludentes

GIACOMO PUCCINI
Tre minuetti per archi
n.1: Moderato in la maggiore
n.2: Allegretto in la maggiore
n.3: Assai mosso in la maggiore

LORENZO PEROSI (1872 – 1956)
Quartetto n°10 in la minore per archi
(trascrizione per orchestra d’archi di A. Azzaretti – prima esecuzione)
Andante
Adagio
Movendo

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INSUBRIA CHAMBER ORCHESTRA

Denominazione rappresentativa di quel territorio transregionale e transnazionale compreso tra i grandi laghi dell’Italia nordoccidentale, nasce dall’idea di creare un gruppo di giovani strumentisti, guidati da prime parti che hanno già lavorato insieme in quintetto oltre che in prestigiose orchestre italiane, con i quali poter collaborare stabilmente al fine di realizzare quella compattezza timbrica ed esecutiva, raggiungibile solo con la continuità operativa e la condivisa visione di ricerca, utile a ottenere esecuzioni pregevoli nell’ambito di un ampio repertorio sinfonico-cameristico.

Questa genesi peculiare garantisce alla compagine una coesione non comune e un particolare stile esecutivo impreziosito dall’utilizzo di edizioni filologicamente attendibili e, ove possibile, addirittura storiche, nonché dalla presenza costante dello stesso Direttore musicale, Giorgio Rodolfo Marini, che segue in prima persona tutti i progetti delle produzioni artistiche e con cui sono state realizzate anche prime esecuzioni di importanti compositori italiani contemporanei, tra cui Davide Remigio, Andreina Costantini, Massimo Ravazzin, Roberto Molinelli.

L’Orchestra da qualche anno è ospite del “Perosi Festival” di Tortona e della rassegna “Reviviscenze Musicali”, per la quale il 30 maggio 2020 ha realizzato il primo Concerto in Italia di un’Orchestra in presenza dopo il lockdown trasmesso in diretta streaming con grande successo di visualizzazioni, dal 2022 è stabilmente presente nel cartellone milanese di “Serate Musicali” e recentemente è stata protagonista del Concerto inaugurale di “Bresciasuona” 2023.

Ha collaborato con solisti tra i quali Carlo Levi Minzi, Bruno Canino, Davide Alogna, Anna Serova, Giulio Tampalini e lavora con il supporto della “Fondazione JUPITER” che promuove eventi musicali e artistici in Italia e all’estero con specifica attenzione alla Regione Lombardia della quale ha recentemente ottenuto il riconoscimento ufficiale. Dal maggio scorso è membro della Comunità di Lavoro “Regio Insubrica” per la promozione della cooperazione e dell’integrazione transfrontaliera.

Violini IViolini II
Sara Sternieri **
Anna Cracco
Giovanni Mirolli
Helga Cristina Ovale
Marina Verna
Alberto Intrieri * 
Veronica Gigli 
Tiziana Furci 
Enrico Maria Guidi 
Martina Boschetti
VioleVioloncelli
Giuseppe Miglioli 
Letizia Ricciardi 
Ilaria Armanti
Defne Sönmez  
Francesco Dessy * 
Annamaria Bernadette Cristian 
Kateryna Bannik 
Martina Meotti
Contrabbassi
Davide Sorbello 
Stefano Ghezzi
**Spalla
* Prime Parti

GIORGIO RODOLFO MARINI

Diplomatosi in Direzione d’Orchestra presso il Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma, si è formato alla scuola dei maggiori Maestri italiani e stranieri, tra cui Hans Priem Bergrath, Ferenc Nagy, Ervin Acél ed Emil Simon.

Ha diretto numerose Orchestre italiane e straniere e ha collaborato con solisti di fama internazionale quali Anna Maria Cigoli, Carlo Levi Minzi, Bruno Canino, Marco Chingari.

Più volte ospite di importanti Istituzioni concertistiche quali il “Perosi Festival” di Tortona, ha pubblicato vari CD con la IMD Music.

CARLO LEVI MINZI

Allievo di Enrica Cavallo, Vladimir Natanson, Paul Baumgartner e Mieczyslaw Horszowski, ha tenuto concerti nelle principali città di Europa e America ed effettuato numerose registrazioni radiotelevisive e discografiche.

Il suo repertorio, che si estende da Bach ai giorni nostri, comprende, oltre al ciclo integrale delle Sonate di Mozart, Beethoven, Schubert e Skrjabin, anche più di cinquanta Concerti per pianoforte e orchestra.

É stato Professore Ordinario presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano e ha tenuto numerose Master class presso prestigiose Istituzioni in Europa, Asia e America.


LE OFFICINE DELLA MEMORIA

La cronologia è una disciplina imperfetta. Seguire l’evoluzione di un genio creativo significa, piuttosto, individuare l’emergere, in lui, di uno stile.

I Tre minuetti per archi di Giacomo Puccini appartengono al periodo della sua militanza come organista di chiesa, a Lucca. La famiglia Puccini era una versione in piccolo dei Bach: tutti musicisti liturgici. Questi brani di un compositore ancora minorenne sembrano una prima ricognizione nel Settecento stilizzato, laboratorio di eros, della Manon Lescaut, dove ritornano, quali “musica di scena”, nel Secondo Atto. Puccini fu un potente assimilatore: da Haydn a Stravinskij, e Schönberg, nulla gli fu ignoto; tutto trasfuse nella colata lavica del suo lirismo. I Minuetti non fanno eccezione, e sembrano anticipare la vena parodica, di “musica al quadrato”, divertita dalla sua regressione a mondi chiusi dentro una palla di vetro: una nostalgia della purezza poi divenuta, nel Novecento di un Casella, un Respighi, o Castelnuovo-Tedesco, cifra di ogni trauma, tra fascismo e guerre.

Del tutto opposto Crisantemi, scritto in una sola notte, nel 1890, dopo che la notizia della morte di Amedeo di Savoia dette a Puccini l’impressione un intero mondo, quello del mecenatismo illuminato, fosse al tramonto. Il brano è diviso in tre parti, con una prima sezione densa di un cromatismo wagneriano, da Isotta trasecolante sul corpo di Tristano, immolato al suo amore. La melodia centrale è tra le cose più alte di Puccini. L’uso di un ritmo singhiozzante e l’innestarsi, sul cordoglio, di una figura discendente, simile a una liturgia della discesa nella fossa che sa di inno alla Madre Terra, una redenzione uterina, ne fanno il materiale dal compositore, poi, rifuso nel Quarto Atto di Manon, a commentare il disperato addio della ragazza, amorale e splendida, alla vita, nella desolazione dei deserti americani.

Lorenzo Perosi, nella sua vocazione di sacerdote, ebbe una vita dell’anima avventurosa quanto un esploratore di luoghi selvaggi. Precipitando verso uno stato di esaltazione maniacale, il direttore della Cappella Sistina, folgorato dalla morte della madre, sviluppò sindromi compulsive di un singolare interesse clinico. Poteva comporre solo in treno, affrontando viaggi da un capo all’altro dell’Italia a scopi non ricreativi, ma creativi. A un certo punto si mise in testa di inventare una lingua universale che scongiurasse la guerra imminente: la Seconda Mondiale. Al processo per la sua interdizione, non c’era, in quanto confinato nella Biblioteca Pontifica, a compulsare grammatiche. Venne interdetto in absentia e da quel momento cominciò a scrivere musica sinfonica e da camera in quantità fluviali. Solo i Quartetti per archi sono sedici.

Il Quartetto n. 10 è notevole per una curiosa combinazione, nel Primo Movimento, tra il tematismo basato sulla permutazione di semplici intervalli, di Haydn, e la tecnica della Variazione perpetua propria all’ultimo Beethoven. Il brano è indicato solo come “Movimento”, ad indicare la sua natura di esperimento stilistico. L’“Adagio” che segue lavora su di un tema lirico occulto, come un vetro infranto che sparga le sue luminescenze in raggi diffusi, ma senza un orizzonte. Il compositore sembra evocarvi la sua spezzata percezione del tempo; il baluginare, intorno a lui, della realtà. Il “Movendo” finale è un ritorno alla vita compulsivo, progressivamente sciolto dai ristagni inquietanti dei primi due movimenti. La scorza dei sensi si dissolve, e tutto torna, liberatorio, a pulsare.

Carlo Florindo Semini studiò, a Napoli, con i compositori del regressivo neoclassicismo littorio; meritò una licenza per comporre nello stile del Gregoriano a Solesmes, dove questo canto liturgico era stato, per la prima volta, decodificato; frequentò i cascami dell’attardato operismo fascista evitando, al contempo, per un soffio, di finire fucilato dagli squadristi. Il riunire ogni contrasto stilistico era, in lui, un proclama di libertà, battaglia contro la dittatura. Tornato nel natale Canton Ticino, usò la radio per rendere, l’atollo italico in territorio internazionale, un laboratorio di educazione alla musica. Anche la sua arte è permeata dallo stesso ideale universale, testimoniato anche dalla sua lunga frequentazione dei poeti: sgabelli al suo elevarsi oltre le clausure dell’Io.

Ne I Mosaici di Piazza Armerina, Semini riprende il Respighi claustrale di Vetrate di chiesa. L’evocazione delle figure a tessere colorate, si traduce in un uso di motivi in continua sovrapposizione, creando un effetto rotatorio, ciclico, che allude all’eternità dell’arte, sempre capace di morire per poi risorgere. In un’Europa sconvolta dalla Guerra Fredda e le turbolenze ideologiche, questo lavorio di sottili mutamenti – dentro una struttura quasi bachiana, per le linee che ne aggregano ogni deriva – riassume in sé ogni slancio ideale dell’umanesimo di Semini.

Alessandro Zignani