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QUARTETTO OISTRACH – E. VIRSALADZE

Dettagli

Data:
6 Marzo 2023
Ora:
8:45 pm – 10:30 pm
Prezzo:
20€ – 25€
Categoria Evento:
Tag Evento:
,

Organizzatore

Serate Musicali
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02 29409724
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biglietteria@seratemusicali.it
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Sala Verdi – Conservatorio di Milano

Via Conservatorio, 12
Milano, 20122 Italia
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«IL GENIO È DONNA»

QUARTETTO OISTRACH
Pianista ELISSO VIRSALADZE

Programma

DMITRI SHOSTAKOVICH (1906 – 1975)

Quintetto in sol minore per pianoforte e archi op.57

  • Preludio: Lento – Poco più mosso – Lento
  • Fuga: Adagio
  • Scherzo: Allegretto
  • Intermezzo: Lento
  • Finale: Allegretto

ROBERT SCHUMANN (1810 – 1856)

Quintetto in mi bemolle maggiore per pianoforte e archi op.44

  • Allegro brillante (mi bemolle maggiore)
  • In Modo d’una Marcia. Un poco largamente (mi bemolle maggiore). Agitato (fa minore)
  • Scherzo. Molto vivace – Trio I et II (mi bemolle maggiore)
  • Allegro, ma non troppo (do minore – mi bemolle maggiore)

Scarica il libretto di sala


QUARTETTO DAVID OISTRAKH

Comprende quattro dei più importanti musicisti russi di oggi, tutti solisti a pieno titolo, uniti  nella loro passione per l’arte del quartetto. Nel 2012 la famiglia del leggendario violinista del XX secolo ha onorato il Quartetto con il suo nome.

Il David Oistrakh Quartet si esibisce regolarmente in Europa, Asia, Sud America ed in vari importanti festival collaborando anche con artisti famosi come Martha Argerich, Eliso Virsaladze, Eduard Brunner, Ivry Gitlis, Liana Isakadze, Renaud Capuçon, Irina Kandinskaya, Alexander Bonduryansky, Boris Andrianov, Inga Dzekzer, Alexander Buzlov e Daniel Austrich.

Dopo il recente successo del loro debutto in Giappone, Hong Kong, Colombia, Festival Primavera di Praga e l’uscita del loro secondo CD, con le opere di Grieg e Mendelssohn, il Quartetto prossimamente si esibirà  alla Wigmore Hall di Londra, la Pierre Boulez Hall di Berlino e la Philharmonie de Paris.

75 anni dopo il trionfo di David Oistrakh al Queen Elisabeth International Violin Competition, il primo violino del Quartetto, Andrey Baranov, ha vinto il primo premio nel 2012. Baranov è anche vincitore di numerosi concorsi internazionali tra cui David Oistrakh, Benjamin Britten, Concorsi Henri Marteau e Liana Isakadze. La sua carriera internazionale lo ha portato a esibirsi come solista con la London Philharmonic, Sendai Philharmonic, St-Petersburg Philharmonic, Brussels Philharmonic, National Orchestra of Belgium, Tchaikovsky Symphony Orchestra, Luxembourg Philharmonic, Montreal Symphony Orchestra, Mariinsky Theatre Orchestra, Mahler Chamber Orchestra e MusicAeterna Orchestra.

Il secondo violino è Rodion Petrov, diplomato all’Accademia Musicale Reina Sofia di Madrid e al Conservatorio Statale di Mosca. Rodion è vincitore di numerosi concorsi tra cui il Premio Rudolfo Lipizer e il Premio Paganini in Italia. È apparso come solista in Russia, Europa e Asia in sale da concerto come l’Auditorio Nacional di Madrid e la Suntory Hall di Tokyo, e partecipa regolarmente a molti dei più grandi festival del mondo.

Il violista Fedor Belugin è vincitore di numerosi concorsi internazionali e insegna al Conservatorio di Stato di Mosca e alla Gnessin Music Academy. È uno dei pochi violisti a perseguire un’intensa carriera da solista insieme ai suoi impegni in quartetto. Durante un periodo importante della sua carriera è stato membro del Quartetto Shostakovich.

Il violoncellista Alexey Zhilin è considerato uno dei principali violoncellisti della sua generazione in Russia. Ha vinto numerosi premi internazionali e suona frequentemente come solista con orchestre da camera e sinfoniche in Russia e all’estero. Ora insegna al Conservatorio di Stato di San Pietroburgo, dove ha studiato lui stesso con Anatoly Nikitin.

ELISSO VIRSALADZE

È nata e cresciuta Tblisi in una famiglia che per generazioni ha partecipato attivamente alla vita culturale e artistica del Paese. Ha iniziato lo studio del pianoforte con la nonna, Anastasia Virsaladze; quindi, dopo gli studi nel locale Conservatorio, lasciava la città natale e si trasferiva a Mosca, dove a vent’anni conquistava il terzo premio nel Concorso Ciaikovski e proseguiva gli studi sotto la guida di Heinrich Neuhaus e Yakov Zak. Questi insegnanti, oltre a influire profondamente sul suo sviluppo artistico, la immergevano nella tradizione pedagogica della scuola pianistica russa. Non sorprende, pertanto, che sia oggi considerata un’insegnante straordinaria e che i suoi studenti abbiano ottenuto riconoscimenti tra i più importanti nei concorsi internazionali.

Insegna al Conservatorio di Mosca e alla Scuola di Musica di Fiesole. Partecipa come membro della giuria ai concorsi (“Santander”, “Geza Anda”, “Rubinstein”, “Ciaikovski” e “Richter”). Coltiva con cura una grande passione per i compositori del tardo diciottesimo e del diciannovesimo secolo. Le sue interpretazioni storiche riguardano soprattutto Mozart, Beethoven, Chopin, Liszt e Schumann.

A ventiquattro anni vinceva il primo premio al Concorso Schumann di Zwickau, facendola immediatamente annoverare dalla stampa internazionale tra i più grandi interpreti schumanniani contemporanei. Lo stesso Richter dirà di lei: «… il suo Schumann non ha eguali».

Ma del resto la pianista annovera un vasto repertorio, che si estende fino a comprendere i compositori russi moderni e contemporanei. Suona regolarmente a Londra, Milano, Roma, Parigi, Lisbona, Berlino e Barcellona. Attiva in ambito cameristico, suona anche con orchestre quali la Filarmonica di San Pietroburgo e la Royal Philharmonia London, ha effettuato tournée nel Nord America, in Giappone e in Europa. Suona inoltre regolarmente con orchestre in Francia, Germania, Italia, Spagna, Svizzera, Stati Uniti, collaborando con Barshai, Kondrashin, Muti, Sanderling, Sawallisch, Svetlanov, Temirkanov, Wit.

Per “Serate Musicali” è indimenticabile protagonista dei “Concerti Storici alla Memoria di Sviatoslav Richter” e di una serie di ininterrotti trionfi con la storica Filarmonica di San Pietroburgo e Temirkanov (ricordiamo l’ultima, al Teatro alla Scala l’11.12.2006 e l’incredibile trionfo registrato).

Anche in questa stagione apparirà sia in recital che in concerti sinfonici (San Pietroburgo, Israele, Hong Kong) e in musica da camera, in varie parti del mondo. Sarà in giuria a Sendai e Hong Kong.

Elisso Virsaladze è ospite storica e memorabile di Serate Musicali dal 1992.


DMITRI SHOSTAKOVICH – Quintetto in sol minore per pianoforte e archi op.57

Scritto per il Quartetto Beethoven, il Quintetto in sol minore fu composto nel 1940: quindi circa cinque anni dopo il notissimo episodio che si inserisce nella produzione musicale di Shostakovich determinandone la divisione in due versanti distinti. Ci si riferisce alla pubblicazione sulla Pravda di un articolo (pare dettato personalmente da Zdanov) in cui l’opera Katerina Ismailova, che già da due anni raccoglieva sui palcoscenici di Leningrado vasti consensi da parte del pubblico e della critica più avveduta, veniva violentemente e «ufficialmente» attaccata come prodotto di un’arte estranea alle aspirazioni delle masse.

Shostakovich, che fino ad allora aveva dimostrato di sapere e di volere partecipare alle vicende e alle battaglie della musica, alle ricerche più avanzate che si sviluppavano tra le avanguardie violentemente e «ufficialmente» attaccata come prodotto di una musicalità tutta segnata dall’estro e dall’esuberanza del «temperamento», sottopose il suo stile, a partire da quel momento, a radicali mutazioni, dirottando la miracolosa, istintiva naturalezza della sua invenzione musicale verso formule la cui appartenenza alla più consolidata tradizione nei campi dell’armonia e degli schemi costruttivi, e la cui semplicità sotto il profilo della definizione melodica e contrappuntistica, garantivano la immediatezza della comprensione e una fruibilità quasi del tutto aproblematica.

Nella produzione sinfonica di Shostakovich risulta assai agevole individuare il momento preciso di tale svolta: la Quinta Sinfonia, sottotitolata dallo stesso autore Risposta pratica di un artista sovietico a una giusta critica. Diverso è il caso della musica da camera, in cui la situazione si presenta più sfumata; sia perché in questo settore Shostakovich aveva investito alcune delle sue migliori risorse di innovatore; sia perché, anche successivamente alla critica e all’autocritica, continuò a coltivare – sebbene sporadicamente – alcuni temi di ricerca. Tuttavia non è azzardato indicare, proprio in questo Quintetto, una delle opere più significative dei nuovi ideali di chiarezza e di semplicità verso cui si rivolse la musica di Shostakovich dopo lo sperimentalismo degli anni giovanili. La limpidezza dell’impianto costruttivo, la linearità dell’invenzione e dell’elaborazione tematica, la trasparenza degli intrecci contrappuntistici, la sobria eleganza della veste timbrica, conferiscono al lavoro un senso di impeccabile scorrevolezza, tale da farci chiedere se quello della «facilità», piuttosto che un limite o un fine imposti in determinate circostanze storiche dalle esigenze di chi ascolta, non sia il dono che Shostakovic sempre possiede nel distendere la sua scrittura musicale.

Quest’ultima si snoda senza il minimo cedimento, a determinare la piena omogeneità della composizione: dall’iniziale Preludio che si conclude con l’esposizione ordinatissima – diremmo «didascalica» – di una Fuga, alla schietta animazione dello Scherzo; dal discreto lirismo dell’Intermezzo alla rinnovata vitalità del Finale, che conduce il brano a un congedo non privo – persino – di una sottile ingenuità.

ROBERT SCHUMANN – Quintetto in mi bemolle maggiore per pianoforte e archi op.44 (Dedicato a Clara Schumann)

Sin dagli anni giovanili Schumann mostrò particolare interesse alla forma del Quartetto d’archi, un genere tra i più difficili ed elevati della musica da camera, anche se passò diverso tempo prima che si dedicasse a questo tipo di composizione. Nel 1829, durante il primo soggiorno del musicista a Lipsia, Schumann abbozzò alcuni schizzi di un quartetto per archi in fa minore, al quale fece seguito tra il 1831 e 1832 un secondo quartetto con pianoforte in si maggiore, mai completato e messo da parte in un momento in cui i pezzi per pianoforte ebbero la preferenza e lo resero celebre nei circoli artistici tedeschi.

Dopo avere approfondito l’esperienza pianistica e senza tralasciare la composizione dei Lieder per canto e pianoforte, una vera miniera di originali capolavori intrisi di straordinaria “Stimmung” romantica, egli studiò con scrupolosa attenzione e passione la produzione quartettistica di Haydn, Mozart e Beethoven, cercando di impadronirsi delle regole e della tecnica che sono alla base di questa forma musicale. Nel 1839, in una lettera ad un suo amico, Fischof, Schumann accenna a un quartetto «che mi ha reso particolarmente felice, anche se non può essere considerato come un semplice saggio».

Nello stesso anno egli torna ad esprimere la sua intenzione di scrivere un quartetto e successivamente confessa a sua moglie Clara «di aver cominciato a comporre due quartetti che mi sembrano ben fatti come quelli di Haydn». Solo nel 1841 ci sono riferimenti precisi in una serie di lettere del musicista a proposito dell’elaborazione di alcuni quartetti: il 4 giugno egli iniziò a comporre il Quartetto in la minore op.41 n.1, ai primi di luglio era pronto il Quartetto in fa maggiore, il secondo dell’op.41 e il 22 dello stesso mese era terminato il Quartetto in la maggiore, il terzo dell’op.41. Un ritmo creativo vertiginoso e stupefacente, riguardante, tra settembre e ottobre dello stesso anno, anche il Quintetto con pianoforte op.44 e il Quartetto con pianoforte op.47.

In questi lavori cameristici, che tengono conto naturalmente del modello predominante e assorbente dei sedici quartetti beethoveniani, si può avvertire la particolare sigla creatrice schumanniana, al di là del rispetto di certi schemi formali classicisti. Oltre a una straordinaria fantasia nell’inventare e collegare fra di loro i vari temi c’è nei Quartetti dell’op.41 e nel Quintetto op.44 quella sensibilità poetica di gusto romantico, fatta di improvvisi slanci e di teneri ripiegamenti, molto tipica di un musicista essenzialmente liederista, presente quando compone per il pianoforte o per la voce o per l’orchestra. Anche nel caso del Quintetto op.44 ha un ruolo da protagonista il pianoforte, che costituisce il punto di incontro e di raccordo fra le due diverse parti in un gioco dialogante di elegante scrittura, in linea con lo stile della musica da camera romantica. Tale scelta appare evidente sin dall’attacco dell’Allegro brillante, dove si impone imperiosamente il tema robusto e marcato del pianoforte, al quale fa da contrappeso espressivo, con particolare dolcezza di cavata, la magnifica frase del violoncello. Il discorso quindi si allarga, si infittisce e si colora dei più svariati accenti psicologici, così da raggiungere momenti di intenso lirismo.

Un movimento che reca in sé i segni della personalità creatrice schumanniana è il secondo (In modo di una marcia) che si ispira chiaramente al modello dell’”Eroica” beethoveniana. È un tema di marcia funebre esposto con voce rotta e spezzata dal primo violino su un accompagnamento del pianoforte. Non manca l’esplosione drammatica e tesa, ma tutto ritorna al clima dolente iniziale. Festoso, brillante e perfettamente incastonato in un classicismo formale è il terzo tempo (Scherzo molto vivace), arricchito da due Trii, dei quali il secondo con la sua cordiale esuberanza ritmica sembra presagire gli appassionati Allegri pianistici del giovane Brahms. L’Allegro ma non troppo conclusivo sviluppa e completa, per così dire, il discorso dell’ultimo Trio e vede il pianoforte in funzione di stimolo e di guida degli altri quattro strumenti. Infatti da esso si dipartono e si ramificano i suggerimenti tematici che investono il discorso dell’intero movimento, tanto da far pensare a un tempo di concerto per pianoforte e orchestra.